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Odori dell’estate: bucato steso al sole, mare e piscina tra scienza e falsi miti

Un articolo di Eva Munter

Perché l’estate ha un odore unico? Scopri i segreti scientifici di bucato steso, mare e piscina: molecole, reazioni chimiche e curiosità.
Buona lettura!


Perché l’estate ha un odore così particolare?

Se ci fermiamo un momento a pensare, ciascuno di noi associa a questa stagione una fragranza ben precisa, quasi personale. Può essere quella inconfondibile della crema solare, che ci riporta istantaneamente sotto un ombrellone in riva al mare. Oppure l’aroma agrumato di un profumo che usiamo solo nei mesi caldi, o ancora l’odore della pelle dopo una giornata all’aperto. Le vacanze, i ricordi dell’infanzia, le giornate più lunghe e leggere: tutto questo passa anche attraverso il naso. Ma accanto a queste memorie soggettive, esistono odori che sembrano universali, che tutti riconosciamo e colleghiamo all’estate, anche se spesso non sappiamo spiegarne l’origine. È il caso dell’“odore di sole”, o dell’“odore di mare” e dell’inconfondibile odore di cloro in piscina, che incontriamo nella quotidianità estiva e che nel tempo sono stati ammantati anche da qualche falso mito. In questo articolo ho deciso di indagare questi profumi familiari e di capire, attraverso la scienza, da dove arrivano davvero.

Odore di sole: perché la pelle e il bucato profumano dopo essere stati al sole?

Capita spesso di sentire un odore particolare sulla pelle delle persone che sono state all’aperto. Nulla a che vedere con il sudore, ma parliamo di un odore dolce e piacevole, che sembra sprigionarsi dai vestiti o dalla pelle, tanto che ho sentito ancora utilizzare l’espressione “odore di sole”. Il sole in sé non ha ovviamente un odore o, se ce l’ha, noi non possiamo sentirlo. Quindi in questo caso parliamo di “l’odore” dell’aria aperta. Ed è qui che la questione si fa più interessante, perché abbiamo scoperto che l’aria ha davvero odori diversi a seconda che sia una giornata calda e soleggiata quanto piuttosto una fredda. Non è però una questione di sole in sé, ma di come si muovono le molecole odorose. Nell’aria calda si diffondono liberamente, mentre in quella fredda si muovono più lentamente. E se ci pensiamo, questo lo viviamo tutti i giorni quando ci facciamo il caffè: quando è caldo, il suo profumo è invitante; ma se lo lasciamo raffreddare sulla scrivania per ore, a fine giornata non avrà più lo stesso effetto. Ecco perché ogni stagione ha un odore diverso, e l’estate in particolare ci regala note fresche, agrumate, “solari”. Ma non è tutto. 

L’esperimento: come si forma l’odore di bucato steso al sole

“L’odore di sole” lo possiamo sentire però anche sul bucato steso: un odore buono, fresco, che tutti riconoscono e reputano piacevole, su cui abbiamo scritto poesie e che viene imitato in candele profumate e deodoranti per ambienti. In questo caso, abbiamo anche diversi studi scientifici e una spiegazione plausibile. In uno studio pubblicato sulla rivista Environmental Chemistry, alcuni ricercatori hanno esaminato degli asciugamani stesi all’aperto, nel tentativo di individuare la fonte precisa del loro profumo caratteristico. Ogni asciugamano è stato lavato tre volte con acqua ultra pura, poi steso in tre luoghi diversi: all’interno di un ufficio, sul balcone all’ombra di una copertura di plastica e sul balcone esposto alla luce diretta del sole. Una volta asciutti, gli asciugamani sono stati sigillati in un sacchetto speciale e poi sono state analizzate le molecole odorose. Gli scienziati hanno effettuato analisi simili anche su un sacchetto vuoto, su un asciugamano non lavato e sull’aria presente nelle diverse aree di asciugatura. Confrontando i profili chimici degli asciugamani sperimentali con quelli dei campioni di controllo e tra loro, i ricercatori sono riusciti a individuare quali composti comparivano solo quando gli asciugamani bagnati venivano stesi al sole. L’asciugatura all’aria aperta, in particolare sotto il sole, ha generato in maniera esclusiva una serie di composti chimici appartenenti alle famiglie delle aldeidi e dei chetoni. Si tratta di molecole organiche volatili che, pur essendo presenti in quantità molto ridotte, sono facilmente percepite dal nostro olfatto grazie alla loro diffusione in natura, soprattutto nelle piante aromatiche e negli oli essenziali utilizzati in profumeria. Il nostro naso, infatti, è estremamente sensibile a queste sostanze, che evocano odori familiari e spesso gradevoli. In particolare, gli asciugamani stesi al sole hanno iniziato a rilasciare molecole come il pentanale — tipico del profumo speziato del cardamomo —, l’ottanale — che richiama fragranze agrumate e fresche — e il nonanale, che ha un odore dolce e floreale simile a quello delle rose.

Ma da dove provengono queste sostanze? Una delle ipotesi più accreditate è che entrino in gioco reazioni chimiche attivate dall’ozono, un gas presente nell’atmosfera noto per la sua capacità ossidante. Questo composto, entrando in contatto con alcune sostanze normalmente presenti nell’ambiente o sul tessuto stesso, può modificarle trasformandole in nuove molecole, tra cui appunto aldeidi e chetoni, capaci di conferire al bucato il caratteristico odore di “fresco” e “pulito”.

Tuttavia, secondo i ricercatori un ruolo ancora più importante è svolto direttamente dalla luce solare. In particolare, la componente ultravioletta della luce solare sarebbe in grado di “eccitare” alcune molecole, rendendole instabili e trasformandole in radicali liberi, composti chimici molto reattivi che tendono a combinarsi con le molecole circostanti. Queste reazioni innescano una cascata di trasformazioni che portano alla formazione di nuove sostanze volatili, comprese appunto molte delle aldeidi e dei chetoni osservati.

Un aspetto interessante, sottolineato dalla ricercatrice Silvia Pugliese, che ha firmato questo studio, è il possibile ruolo dell’acqua residua presente nei tessuti bagnati. L’acqua potrebbe agire come un “concentratore” naturale, raccogliendo molecole reattive e amplificando l’effetto della luce solare, un po’ come una lente d’ingrandimento che focalizza i raggi del sole. Questo meccanismo contribuirebbe a velocizzare e intensificare le reazioni fotochimiche sulla superficie del tessuto, rendendo possibile la formazione del complesso bouquet aromatico che associamo all’odore del bucato steso al sole. Lo stesso meccanismo avviene anche su altre superfici, ma probabilmente sui vestiti dura più a lungo perché le fibre “intrappolano” le molecole. 

Odore di mare: davvero sentiamo lo iodio?

È un odore che evoca immediatamente l’estate. Alcuni parlano di “odore di salsedine”, altri di “odore di iodio”. Chiudiamo gli occhi e sentiamo note salmastre, alghe, legni bagnati, vento. Ma che cosa stiamo davvero annusando?

In realtà, non stiamo respirando davvero iodio. Lo iodio elementare è un gas poco presente in forma libera nell’atmosfera e non ha, di per sé, un odore riconoscibile a basse concentrazioni. Quando sentiamo dire che “l’aria di mare contiene iodio” o che “respirare lo iodio fa bene”, siamo di fronte a un luogo comune. È vero che alcune reazioni tra alghe marine e l’ambiente rilasciano microtracce di composti contenenti iodio nell’atmosfera, ma le quantità sono talmente minime da non avere alcun effetto benefico diretto per l’organismo, né tantomeno possono essere “respirate” nel senso fisiologico del termine.

Lo iodio è un elemento fondamentale per la salute — in particolare per il corretto funzionamento della tiroide — ma va assunto attraverso l’alimentazione, non per via inalatoria. Il sale iodato, i crostacei e alcune alghe ne sono buone fonti. Respirare l’aria di mare può essere piacevole e rilassante, ma non ha proprietà curative legate allo iodio.

Quello che annusiamo in riva al mare è un mix complesso di composti volatili prodotti da microrganismi marini, alghe e residui organici in decomposizione. Tra questi troviamo il  dimetilsolfuro (DMS), una sostanza che ha un ruolo chiave nell’aroma “tipico” del mare. È noto per il suo odore intenso, che può risultare sgradevole se isolato, simile a quello di alcuni alimenti fermentati o cotti. Circa il 40% del DMS presente a livello globale viene prodotto da alghe marine, che lo rilasciano durante il loro ciclo vitale. 

Intervengono poi i bromofenoli: composti aromatici contenenti almeno un anello benzenico con gruppi ossidrilici (-OH) e bromo (-Br). A questi si deve il profumo vagamente “iodato” che percepiamo vicino al mare e che ritroviamo anche in pesci e molluschi pescati in natura. Nei pesci d’allevamento, invece, questa nota olfattiva è molto più debole, proprio perché i bromofenoli non vengono prodotti dagli animali stessi, ma da alcuni organismi con cui gli animali selvatici entrano in contatto. 

In ultimo, intervengono dictioptereni, feromoni sessuali emessi da diverse specie di alghe brune. Presenti naturalmente nell’acqua di mare, sono responsabili dell’aroma tipico delle alghe essiccate, che spesso associamo alla costa e alla spiaggia. Anche se meno noti, contribuiscono a quella nota vegetale e leggermente marina che percepiamo avvicinandoci all’oceano o annusando alghe esposte al sole.

Perché la piscina ha un odore così forte di cloro?

L’odore della piscina è inconfondibile: pungente, intenso, e per molti legato all’infanzia, all’estate, ai pomeriggi passati a mollo tra schizzi e risate. Spesso si crede che quel tipico odore provenga dal cloro usato per disinfettare, ma non è propriamente così. Quello che sentiamo è il risultato della reazione tra il cloro e sostanze organiche presenti nell’acqua, come sudore, pelle morta, urina o cosmetici. Queste reazioni chimiche generano composti chiamati clorammine, responsabili del classico “odore di piscina” e, in alcuni casi, anche del bruciore agli occhi. Le clorammine, dunque, non indicano un’acqua pulita, ma al contrario un’acqua in cui il cloro sta lavorando per neutralizzare contaminanti organici. Quando il cloro entra in contatto con sostanze contenenti azoto, come l’ammoniaca (presente ad esempio nel sudore o nell’urina), si innescano reazioni chimiche che portano alla formazione di diversi sottoprodotti chiamati clorammine. A seconda del numero di atomi di cloro che sostituiscono quelli di idrogeno nella molecola originaria di ammoniaca, si formano monocloramina, dicloramina e tricloramina. La monocloramina, in alcuni casi, viene perfino utilizzata volontariamente come agente disinfettante. Le altre due, invece, sono quelle che producono il tipico — e spesso sgradevole — odore che associamo all’acqua di piscina.

Paradossalmente, più l’odore è forte, meno “cloro libero” c’è effettivamente nell’acqua, ovvero meno disinfettante attivo è disponibile per mantenere l’acqua igienica. Questo perché il cloro ha già reagito con contaminanti organici, formando clorammine. Quindi, un odore pungente non è segno di pulizia, ma il contrario: indica che la piscina è satura di residui organici e che sarebbe necessario aggiungere nuovo cloro per ristabilire l’equilibrio igienico.

Scusate se vi ho rovinato il prossimo bagno e buona estate!


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Eva Munter

Eva Munter è una chimica e divulgatrice scientifica appassionata di profumeria, autrice del progetto “Chimica in Pillole”, con cui racconta al grande pubblico le molecole che abitano il nostro quotidiano, dai profumi agli alimenti, dai materiali ai cosmetici.

Con uno stile diretto, ironico e accessibile, Eva rende la scienza olfattiva comprensibile e affascinante anche per i non addetti ai lavori.

Collabora come docente con Ateneo dell’Olfatto, dove tiene corsi e lezioni dedicati alla chimica del profumo, alla composizione molecolare delle fragranze e alla storia scientifica delle materie prime.

Il suo approccio unisce rigore scientifico, esperienza di laboratorio e una grande capacità narrativa, portando chi legge o ascolta a scoprire quanto possa essere sorprendente il mondo che si cela dietro ogni goccia di profumo.

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Comedìa: quando la profumeria incontra la letteratura. Intervista a Claudio Calafiore ed Edoardo Tacconi

Un articolo di Marco Martello

Comedìa è un marchio italiano di profumeria artistica che crea profumi ispirati alla letteratura. In questa intervista, i fondatori Claudio Calafiore ed Edoardo Tacconi raccontano il progetto, le fragranze e le sfide del mondo della profumeria di nicchia.

Buona lettura!


Innanzitutto, qual è il vostro primo ricordo olfattivo?

Claudio: Il mio primo ricordo olfattivo è l’odore delle piastrelle di terracotta della terrazza dei miei nonni, tra il basilico e i pomodori lasciati essiccare, mentre giocavo a piedi nudi nelle calde estati mediterranee.

Edoardo: Sono nato e cresciuto con i miei nonni nella campagna toscana. Il primo odore che mi viene in mente è quello delle foglie di fico e della terra arsa dal sole dei pomeriggi estivi; l’odore acre dei grappoli d’uva a settembre; e l’odore di castagne bollite col finocchietto e bucce di mandarini scaldati sulla stufa in inverno.

Claudio ed Edoardo, vi siete conosciuti durante un corso di formazione organizzato da Ateneo dell’Olfatto. Qual è la lezione più importante che avete imparato tra i banchi di scuola?

Claudio: Quelli dell’Ateneo non sono soltanto corsi didattici. Abbiamo infatti appreso l’approccio personale, umano e soggettivo che ognuno di noi può, e forse deve, riporre nella creazione di un accordo o una fragranza. Abbiamo imparato a togliere il giudizio, dando libero sfogo all’analisi più spensierata che ci possa essere.

Edoardo: Mi accodo al mio socio. L’arte della profumeria ti impone di essere vero, se vuoi far risuonare l’anima delle persone.

Ciò detto, lo scorso gennaio avete fondato “Comedìa”, il vostro marchio di profumeria di nicchia, giocando con il parallelismo tra composizione letteraria e olfattiva. Quali erano le vostre paure e le vostre speranze nell’intraprendere quest’avventura imprenditoriale?

Claudio: Tralasciando la prudenza, fisiologica nel creare un brand da zero, il nostro desiderio più grande consisteva nel portare qualcosa di nuovo nel mondo della profumeria artistica e nel creare quello che avremmo voluto trovare noi sugli scaffali dei negozi. Ciò detto, entrare in un mondo sconosciuto richiede sempre tanta attenzione e cura. Per attitudine di entrambi, noi lo stiamo facendo in punta di piedi, quasi chiedendo il permesso.

Edoardo: Sarò sincero, la paura più grande aveva a che vedere con il riuscire a fare tutto con un budget oggettivamente basso rispetto a quello con il quale altri brand hanno mosso i primi passi. Senza poi considerare il fatto che, come è stato per me con la musica in passato, l’aspetto puramente aziendale spesso affievolisce il fuoco dell’ispirazione artistica. Nella mia vita non ho mai vissuto di speranze, ma di idee che dovevano essere realizzate in un modo o nell’altro.

Ricordate la prima volta che avete incontrato una persona a voi sconosciuta con indosso una delle vostre fragranze?

Claudio: Non è ancora successo, essendo il nostro marchio sul mercato da sole tre settimane, ma siamo certi che quando accadrà sarà un’emozione speciale.

Con “Di Mezza Estate”, la vostra interpretazione olfattiva di “Sogno di una notte di mezza estate” di Shakespeare, avete vinto l’edizione 2024 del premio Aromata. Qual è stata la vostra prima reazione quando avete ricevuto questo riconoscimento? E a chi avete dedicato la vittoria?

Claudio: Siamo andati a Roma per conoscere nuove persone, annusare le proposte di altri giovani creativi e scambiare qualche parola con degli appassionati come noi. Quando hanno nominato “Comedìa Di Mezza Estate” alla premiazione, ci siamo guardati, più sbigottiti che sorpresi! La vittoria la dedichiamo a tutti coloro che hanno il coraggio di vivere le loro passioni e trasformarle in pagine memorabili della loro biografia.

Edoardo: Allego una foto che parla da sé

Foto di Laura Amato

Facendo un passo indietro, avete avuto un mentore, che vi ha aiutato a compiere i primi passi in un mercato saturo e altamente competitivo?

Claudio: Lara e Letizia Farotti sono state, e sono tuttora, un faro molto importante per noi. I loro consigli, forti di un’esperienza ultradecennale, ci hanno infatti dato tanta sicurezza e serenità. Andando più in là, certamente Dante ha ricoperto un ruolo fondamentale (è proprio dalla sua opera più celebre che viene il nome del nostro marchio di profumi). Anche se in esilio, e in una condizione psicologica e personale molto delicata, ha composto l’opera letteraria laica più importante in assoluto. Basti pensare a quanto la scelta di adottare il volgare toscano per rendere questo testo accessibile a tutti sia stata rivoluzionaria visto il periodo storico nel quale è stata scritto, ovvero il 1300.

Edoardo: Concordo di nuovo con Claudio. Aggiungo che in qualsiasi ambito artistico e professionale si è raggiunto un livello di saturazione, ed è un bene perché questo sensibilizza sempre di più l’appassionato, il cliente e utente, indirizzandolo verso scelte più consapevoli oltre che a sposare una causa in maniera totalizzante. Parafrasando Robert Henri, non facciamo arte per dire di farla, è che ci troviamo in quel meraviglioso stato spirituale che rende per noi l’arte inevitabile!

“Delle Mie Brame”, “Delle Dune Di Sabbia” e, per l’appunto, “Di Mezza Estate” sono le prime fragranze a portare la vostra firma. Quale tra questi profumi è stato il più complesso da sviluppare sul piano tecnico?

Claudio: Dal punto di vista dello storytelling, “Comedìa Delle Mie Brame” è stata la sfida più grande. Scegliere un personaggio così noto, che è stato per altro oggetto di tante reinterpretazioni, nascondeva delle insidie non indifferenti. Noi ci siamo concentrati sulla sua natura umana, fragile e vera, ed è stata un’esperienza bellissima.

Edoardo: “Comedìa Delle Dune Di Sabbia” è stata la creazione più spontanea, “Delle Mie Brame” quella più calibrata, e “Di Mezza Estate” quella che ha richiesto più prove ed elaborazione tecnica. Con “Delle Dune Di Sabbia”, sapevo cosa volevo: l’avevo sognata e, pur avendo ancora poca dimestichezza con alcune materie prime, è uscita di getto. Delle nove prove ufficiali, alla fine abbiamo scelto la 1A, ovvero la prima in assoluto. “Delle Mie Brame” ha richiesto molto lavoro per trovare il giusto equilibrio fra tutti i piccoli accordi creati, eliminando ciò che era superfluo e cercando di rimanere in linea con il brief che Claudio aveva messo a punto. “Di Mezza Estate” invece, essendo il profumo con più ingredienti di origine naturale e, per altro, con materie molto difficili da lavorare, ha richiesto un approccio essenziale in fase di formulazione, così da poter dare respiro alle assolute contenute al suo interno. Il mio maestro di batteria e percussioni al conservatorio mi diceva sempre che per fare emergere un buon ritmo e un buon fill, servono precisione, dinamica ed essenzialità, perché “la perfezione si ottiene non quando non c’è nient’altro da aggiungere, bensì quando non c’è più niente da togliere”

L’anno scorso, la scrittrice coreana Han Kang è stata insignita del Premio Nobel per la Letteratura. Se doveste creare una fragranza traendo ispirazione da uno dei suoi romanzi, quale opera scegliereste e quali materie prime usereste per rappresentarla olfattivamente?

Claudio: Nella sua psicosi, la protagonista de “La vegetariana” vuole trasformarsi in un albero. Proporrei a Edoardo di creare un profumo che faccia percepire il mondo con i suoi occhi, non attraverso le sue azioni estreme. Vorrei creare un profumo che sappia di nuvole, di pelle umana e muschio.

Edoardo: Recupero subito! Ho nel carrello “Non dico addio”, ma seguo le indicazioni del direttore artistico!

Ripensando agli ostacoli che avete dovuto superare, qual è il consiglio che avreste voluto ricevere prima di fondare il vostro marchio?

Claudio: “Fallo prima!”. Ecco cosa avrei voluto sentirmi dire.

Edoardo: Sì, ma non eravamo pronti prima (Ride, ndr)! 

Per concludere, cosa ci dovremmo aspettare da Comedìa nel prossimo futuro?

Claudio: Vorremmo poterci incontrare tra qualche anno e dire che nelle profumerie c’è sempre più gente curiosa, aperta a sperimentare e confrontarsi. Noi abbiamo infatti scelto di non vendere online per incentivare le persone a varcare la magica soglia delle profumerie. Sulle loro librerie, vorremmo che svettasse una collezione di profumi blu lapislazzuli che narrano sempre più capolavori della letteratura mondiale.

Edoardo: “Let us cook!”. 


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Marco Martello

Laureato in “Comunicazione e Psicologia” all’Università degli Studi di Milano-Bicocca e specializzato in “Fashion Direction: Brand & Communication Management” presso il Milano Fashion Institute, Marco Martello è un collezionista di fragranze, nonché un esperto di comunicazione scritta con un’esperienza pluriennale nel mondo dell’editoria indipendente.

Nel corso degli anni, oltre a collaborare con testate nazionali e straniere, ha svolto l’attività di copywriter e correttore di bozze sia nel settore del luxury che in quello del fashion, ampliando le sue competenze tecniche e consolidando la sua conoscenza delle dinamiche che sottendono i processi di comunicazione contemporanei. Oggi Marco ricopre il ruolo di Managing Editor & Beauty Director della rivista indipendente “The Greatest”, e si dedica all’insegnamento nell’ambito della comunicazione di moda e beauty in alcuni tra i più prestigiosi istituti italiani.

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Il lato oscuro del gelsomino: alla scoperta dell’indolo, la molecola che trasforma il profumo in seduzione

Un articolo di Eva Munter

Quando sentiamo il profumo del gelsomino, pensiamo alla bellezza, all’eleganza e alla sensualità. Eppure, nel cuore di questa fragranza ipnotica si nasconde una molecola dall’odore sgradevole e animale: l’indolo. In questo nuovo articolo, Eva Munter ci accompagna in un viaggio affascinante tra chimica, percezione e seduzione, alla scoperta del lato oscuro (e irresistibile) del gelsomino.

Buona lettura!


Quando la notte cade e la luce si ritira, iniziamo a sentire il profumo ipnotico e sensuale del gelsomino. Un profumo che tutti riconoscono come dolce, opulento, elegante… ma se lo scomponessimo chimicamente, ci racconterebbe tutta un’altra storia, ben più oscura e forse repulsiva.

Permettetemi di presentarvi un piccolo composto chiamato indolo.

Cos’è l’indolo e perché “puzza”

L’indolo è, dal punto di vista chimico, un composto aromatico eterociclico che contiene un anello di benzene a sei membri fuso con un anello di pirrolo a cinque membri.
Se tutto questo vi dice poco, ecco cosa dovete sapere: puzza terribilmente.
Presente anche nei tessuti in decomposizione o nelle feci, nella sua forma pura e isolata, l’indolo ha un odore umido, pungente e netto, come una combinazione curiosa di cane bagnato, alitosi persistente e naftalina.

Ricordi dal laboratorio: l’indolo sulla pelle

Ricordo pomeriggi che sembravano infiniti in laboratorio, immersa nei miei esperimenti, cercando di far reagire l’indolo con altri composti, dato che avevo avuto la sfortuna di dover sviluppare una reazione che lo coinvolgeva per la mia tesi di laurea.
L’odore dell’indolo puro, penetrante e persistente, sembrava attaccarsi alla mia pelle.
Non importava quanto provassi a liberarmene: nemmeno la doccia più lunga riusciva a cancellarlo. Mi restava addosso, un’ombra invisibile e fetida che mi accompagnava per il resto della giornata — e che probabilmente faceva pensare agli altri che la mia igiene orale lasciasse a desiderare, dato che sembrava l’odore dell’alito di un anziano tabagista. Ogni volta che respiravo, la sua presenza era lì, indissolubile.
Ho dovuto gettare due camici per riuscire a liberarmi del tutto di questo compagno stantio e fastidioso. Sono stati sei mesi faticosi.

Dal disgusto alla seduzione: la magia della diluizione

Eppure, nei petali del gelsomino, l’indolo diventa seduzione allo stato puro.

Com’è possibile? La chiave per la seduzione olfattiva dell’indolo sta nella diluizione.

In piccole quantità (circa l’1%), l’odore dell’indolo puro si affievolisce, perdendo quel sentore di cantina umida e diventando quasi floreale.

Indolo nei fiori bianchi: gelsomino, tuberosa, neroli

Non si trova solo nel gelsomino, ma abbiamo tracce di questa molecola aromatica anche nei fiori bianchi come tuberosa, neroli e gardenia. Tuttavia, anche altri fiori contengono tracce di questo composto, come la rosa o il lillà.
Il gelsomino, però, potrebbe essere il più “sporco” tra tutti. L’essenza naturale di gelsomino, in particolare la varietà Jasminum grandiflorum, è famosa per avere una nota indolica molto evidente: la maggior parte degli oli di gelsomino contiene circa il 2,5% di indolo puro.

Quando si affronta un olio essenziale di gelsomino puro e si annusa per bene, spesso si resta quasi spiazzati dalla nota umida e stantia, molto simile alla pelle sudata mescolata alla dolcezza narcotica dei fiori freschi di gelsomino.
Attratti e respinti allo stesso tempo, in modo un po’ inquietante.

Nei profumi, gli oli naturali che contengono indolo sono spesso usati per dare un tocco intrigante e seducente alla fragranza, offrendo una nota animalica indescrivibile che rapisce i nostri sensi più primordiali.
L’indolo assume quindi un nuovo ruolo, passando da molecola repulsiva a qualcosa che in qualche modo ci attrae e ci incatena.
Qualcuno ha associato anche l’indolo all’odore del sesso… forse questa molecola rappresenta davvero il connubio tra amore e morte, tanto decantato dai poeti romantici.

Indolo e impollinazione: il profumo della putrefazione

Questo è l’effetto che ha su di noi, ma dobbiamo ragionare sul perché il fiore si è dotato di questa molecola “sporca” che richiama la decomposizione e la putrefazione: per attirare gli impollinatori.
E non parliamo solo di api: ci sono fiori che si affidano a mosche o zanzare.
Le zanzare adulte sono abilissime a rilevare l’indolo, dato che ci individuano proprio cercando le molecole che caratterizzano l’odore delle feci umane, grazie a recettori specifici chiamati indolergici.

Una molecola sorprendente: l’indolo nella profumeria

L’indolo viene utilizzato anche in profumeria come componente aromatica chiave nella costruzione di accordi floreali complessi, soprattutto nei fiori bianchi.
Questa molecola, pur avendo un odore sgradevole allo stato puro, è fondamentale per aggiungere profondità, tridimensionalità e una sfumatura animalica alle fragranze, rendendole più intriganti e memorabili.

È curioso pensare che una sostanza dal sentore simile alle feci possa contribuire a rafforzare l’identità olfattiva di un profumo, trasformando la sua anima da semplicemente floreale a seduttiva e carnale.

Conclusione: il paradosso dell’indolo

L’indolo potrebbe essere visto come la perfetta incarnazione olfattiva del paradosso di Eros e Thanatos: amore e morte, attrazione e repulsione, vita che sboccia e corruzione che avanza.

È incredibile pensare che una molecola presente anche nei materiali in decomposizione possa diventare cuore pulsante di profumi così seducenti, trasformando un accenno di morte in un’eco carnale di desiderio. Questa molecola ci ricorda che la bellezza olfattiva non nasce solo dalla purezza, ma anche dall’equilibrio tra luce e ombra, attrazione e repulsione.

Lo racconterete alla persona amata, quando le regalerete un profumo contenente fiori bianchi?


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Eva Munter

Eva Munter è una chimica e divulgatrice scientifica appassionata di profumeria, autrice del progetto “Chimica in Pillole”, con cui racconta al grande pubblico le molecole che abitano il nostro quotidiano, dai profumi agli alimenti, dai materiali ai cosmetici.

Con uno stile diretto, ironico e accessibile, Eva rende la scienza olfattiva comprensibile e affascinante anche per i non addetti ai lavori.

Collabora come docente con Ateneo dell’Olfatto, dove tiene corsi e lezioni dedicati alla chimica del profumo, alla composizione molecolare delle fragranze e alla storia scientifica delle materie prime.

Il suo approccio unisce rigore scientifico, esperienza di laboratorio e una grande capacità narrativa, portando chi legge o ascolta a scoprire quanto possa essere sorprendente il mondo che si cela dietro ogni goccia di profumo.

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Professione naso: Chi si nasconde dietro ai profumi che indossiamo?

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Un articolo di Marco Martello

Parlare della figura del naso richiede uno sguardo attento, capace di cogliere l’essenza invisibile delle cose.
Per questo abbiamo chiesto a Marco Martello, Managing Editor & Beauty Director della rivista “The Greatest”, di raccontarcela.

Il risultato è un articolo raffinato, ricco di spunti e sfumature, che ci accompagna dietro le quinte di una professione tanto affascinante quanto poco conosciuta.

Buona lettura!


Chi è il profumiere? Di cosa si occupa? E cosa ha fatto sì che questa figura professionale ottenesse la popolarità di cui gode oggi? Vediamo più da vicino in cosa consiste questa professione e scopriamo qualche curiosità sui protagonisti dell’industria del profumo, ovvero i Maître Parfumeur.

Spesso idealizzata, la figura del naso è molto più complessa di quanto si possa credere. Dietro all’immagine stereotipata del creativo naïf, si nasconde infatti un tecnico, il cui lavoro consiste nel trovare il giusto mix di logica e intuizione, preservando l’armonia in quella che può essere descritta come l’eterna battaglia tra forze contrapposte. Proprio come un musicista, il profumiere si dedica infatti a combinare, scombinare e ricombinare tra loro le note più disparate, per dare vita a una composizione in grado di risuonare all’unisono con la nostra anima e, nel fare ciò, ricorre tanto alla sua maestria nel maneggiare le migliaia di materie prime a sua disposizione quanto al suo bagaglio culturale ed emotivo. Da ciò ne consegue che un tecnico senza doti creative avrà non poche difficoltà nel tentare di coinvolgere il consumatore sul piano emotivo, mentre un creativo senza competenze tecnico-scientifiche faticherà nel tradurre in termini olfattivi il frutto del suo lavoro di ricerca e immaginazione.

Le curiosità, così come i falsi miti, sui Maître Parfumeur non mancano, ma l’aspetto più interessante riguarda forse il rapporto che i nasi intrattengono con le fragranze. Nonostante i Maître Parfumeur dedichino la propria vita al profumo, per non alterare la percezione delle materie prime che impiegano nel processo di creazione dei loro jus si vedono costretti a non portare alcun profumo. L’unica eccezione a questa regola è rappresentata dalla composizione a cui stanno lavorando, che indossano per valutare l’evoluzione su pelle. Non si tratta però di un profumo che scelgono come propria firma olfattiva e portano ad infinitum, ma di una fragranza che li accompagna per alcuni mesi, fino a quando non arriva il momento di separarsene in maniera definitiva e farne dono al mondo.

Se quella del naso è una professione con una lunga tradizione alle spalle, l’interesse nei confronti di questa figura professionale è ben più recente. La fama di cui godono i Maître Parfumeur al giorno d’oggi è, se non altro in parte, dovuta a Frédéric Malle, nipote del creatore della Parfums Christian Dior e fondatore del marchio di profumeria artistica Éditions de Parfums Frédéric Malle. Nel porre le basi del suo progetto, questo editore di profumi si è, infatti, dato un obiettivo tanto importante quanto ambizioso: porre i Maître Parfumeur al centro della conversazione sul profumo, riconoscendo i loro meriti e scrivendo il loro nome sui flaconi delle fragranze del marchio. Alla luce di questa popolarità, alcuni dei più grandi profumieri internazionali si sono trasformati in imprenditori e hanno, per l’appunto, creato una propria collezione di fragranze, anche se non sempre con esiti favorevoli. A tal proposito, è doveroso precisare che, se non altro quando lavorano su commissione, i nasi si attengono sempre a un brief, muovendosi all’interno di un perimetro delimitato. Nel trovarsi difronte a infinite possibilità creative, devono quindi fare i conti con la paura di cui spesso profuma la libertà, proprio come un artista, un giornalista o uno scrittore. Chissà se l’Intelligenza Artificiale, già impiegata da alcuni dei grandi leader del settore, si rivelerà essere un valido alleato per superare la cosiddetta sindrome della pagina bianca.


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Marco Martello

Laureato in “Comunicazione e Psicologia” all’Università degli Studi di Milano-Bicocca e specializzato in “Fashion Direction: Brand & Communication Management” presso il Milano Fashion Institute, Marco Martello è un collezionista di fragranze, nonché un esperto di comunicazione scritta con un’esperienza pluriennale nel mondo dell’editoria indipendente. Nel corso degli anni, oltre a collaborare con testate nazionali e straniere, ha svolto l’attività di copywriter e correttore di bozze sia nel settore del luxury che in quello del fashion, ampliando le sue competenze tecniche e consolidando la sua conoscenza delle dinamiche che sottendono i processi di comunicazione contemporanei. Oggi Marco ricopre il ruolo di Managing Editor & Beauty Director della rivista indipendente “The Greatest”, e si dedica all’insegnamento nell’ambito della comunicazione di moda e beauty in alcuni tra i più prestigiosi istituti italiani

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Ftalati nei cosmetici: comprendere il loro utilizzo e la sicurezza

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Un articolo di Eva Munter e Lara Farotti

Nel settore cosmetico, alcuni ingredienti vengono periodicamente messi sotto esame, generando dibattiti e preoccupazioni. Tra questi, gli ftalati sono stati oggetto di attenzione, in particolare per il loro utilizzo nei profumi e nei cosmetici. Ma cosa sono realmente gli ftalati, perché vengono impiegati e quali sono le evidenze scientifiche sulla loro sicurezza?

Cosa sono gli ftalati e quali sono i loro utilizzi?

Dal punto di vista chimico, gli ftalati sono esteri dell’acido ftalico. Non sono esattamente un’invenzione recente: esistono da quasi un secolo e hanno visto un’impennata nella produzione dagli anni ’50, quando sono diventati un elemento chiave nella lavorazione del PVC.

Il loro impiego principale è come plastificanti, cioè sostanze che rendono le plastiche più morbide, flessibili e facili da modellare. Ma il loro utilizzo non si ferma qui: si trovano anche in adesivi, sigillanti, vernici, materiali in gomma, fili e cavi elettrici, pavimentazioni, imballaggi, dispositivi medici, smalti e persino attrezzature sportive.

A causa della loro ampia diffusione, la possibilità di esposizione agli ftalati è una tematica che ha attirato l’attenzione della comunità scientifica e delle autorità regolatorie, con l’obiettivo di valutarne l’impatto sulla salute umana e sull’ambiente.

Gli ftalati e la sicurezza: esistono rischi per la salute?

Siamo esposti agli ftalati ogni giorno, attraverso l’alimentazione, il contatto con la pelle e persino l’aria che respiriamo. Poiché non sono legati chimicamente ai materiali in cui vengono aggiunti, possono disperdersi nell’ambiente, contaminando ciò che ci circonda.

Non tutti gli ftalati, però, hanno lo stesso profilo di sicurezza. Alcuni, come il DEHP, il DBP, il DIBP e il BBP, hanno attirato l’attenzione della comunità scientifica per i loro possibili effetti sulla salute umana. Queste sostanze, infatti, sono state associate a interferenze con il sistema endocrino e a problemi di fertilità, in particolare nei maschi. Alcuni studi suggeriscono che possano influenzare lo sviluppo sessuale nei bambini maschi e aumentare il rischio di infertilità in età adulta. Per questo motivo, il loro utilizzo è stato fortemente regolamentato e, in molti casi, limitato o vietato in ambito industriale e commerciale.

Anche le donne in gravidanza e i bambini piccoli sono considerati gruppi vulnerabili all’esposizione a questi composti. Inoltre, alcuni ftalati non sono solo una minaccia per la salute umana, ma anche per l’ambiente, poiché possono accumularsi nei terreni e nelle acque, con effetti negativi sulla fauna.

Ftalati nei cosmetici: quali vengono utilizzati e con quali regolamentazioni?

Nei cosmetici commercializzati in Europa, l’unico ftalato ammesso è il Dietilftalato (DEP). Questo composto viene utilizzato in piccole quantità in alcuni prodotti cosmetici con la funzione di fissativo e per denaturare l’alcol etilico, rendendolo inadatto al consumo.

Nei profumi, in particolare, il DEP viene utilizzato prevalentemente come solvente per dissolvere altri ingredienti o per influenzare la velocità di evaporazione delle componenti volatili del profumo, contribuendo a una diffusione più uniforme della fragranza.

L’ECHA, l’Agenzia Europea per le sostanze chimiche che ha il ruolo di proteggere la salute e l’ambiente, dichiara che non è stato classificato alcun pericolo circa questa sostanza che, per altro, risulta facilmente biodegradabile (100%). Il Diethyl phthalate risulta quindi sicuro per le persone e per l’ambiente.

Ad oggi, tuttavia, risulta ancora in fase di valutazione come interferente endocrino: l’inclusione nell’elenco di queste sostanze significa che è in fase di sviluppo o è stata completata una valutazione informale dei rischi per le proprietà di interferenza endocrina. Sul sito dell’Echa è possibile consultare una tabella che, per ciascuna sostanza, indica lo Stato membro che effettua la valutazione, l’esito della valutazione e la data dell’ultimo aggiornamento della voce nell’elenco. Il DEP è stato inserito in tale elenco nel 2020 e ad oggi ancora il suo ruolo sul sistema endocrino non è stato rilevato.

Il DEP è stato ampiamente studiato e non è stato associato ad effetti negativi sulla salute umana. Il Comitato Scientifico per la Sicurezza del Consumatore (SCCS), organo indipendente della Commissione Europea, ha valutato il DEP e ne ha confermato la sicurezza d’uso nei cosmetici.

Esiste inoltre una vasta letteratura scientifica disponibile sulla sicurezza degli ftalati nei cosmetici. Citiamo la più significativa:

  • Nel 2001, i Centers for Disease Control and Prevention (CDC) hanno pubblicato un rapporto in cui non hanno rilevato un’associazione tra gli ftalati nei prodotti cosmetici e un rischio per la salute.
  • Nel 2002, il Cosmetic Ingredient Review (CIR) Expert Panel , un’organizzazione sponsorizzata dall’industria che esamina la sicurezza degli ingredienti ha scoperto che i livelli di esposizione ai ftalati nei cosmetici erano bassi rispetto ai livelli che possono causare effetti avversi negli animali.  
  • La Food and Drug Administration (FDA) statunitense ha dichiarato che, al momento, non ha prove che i ftalati usati nei cosmetici rappresentino un rischio per la sicurezza.

Perché esistono ancora dubbi sulla sicurezza degli ftalati nei cosmetici?

Le preoccupazioni derivano spesso da una generalizzazione del termine “ftalati”, senza una distinzione tra le diverse tipologie. Questo può portare a confusione e a un’equiparazione di sostanze con profili di sicurezza differenti.

È importante sottolineare che i cosmetici immessi sul mercato europeo devono rispettare normative tra le più rigorose al mondo, che prevedono valutazioni approfondite della sicurezza degli ingredienti e delle formulazioni complete.

Conclusioni

Gli ftalati sono un gruppo di sostanze ampio e variegato, alcune delle quali effettivamente problematiche. È quindi giusto che la comunità scientifica continui a monitorarne l’uso e gli effetti. Tuttavia, quando si parla di ftalati nei cosmetici, è essenziale distinguere tra quelli vietati perché dannosi e quelli autorizzati perché sicuri.

Il Dietilftalato (DEP), l’unico ftalato presente nei cosmetici europei, non è stato associato a effetti negativi sulla salute umana e il suo utilizzo è regolamentato da normative stringenti.

Per chi desidera ridurre l’esposizione agli ftalati in generale, possono essere adottate strategie mirate, come limitare l’uso di plastica monouso o fare attenzione ai materiali con cui vengono conservati e riscaldati gli alimenti. Tuttavia, per quanto riguarda i cosmetici e i profumi, le attuali evidenze scientifiche e le regolamentazioni vigenti permettono di utilizzarli con tranquillità.

Fonti:


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Eva Munter, chimica in pillole, esperto profumi

Eva Munter

Laureata in chimica organica a Bologna, oggi gestisce il canale YouTube e la pagina Instagram @chimica_in_pillole dove raccoglie le storie degli elementi della tavola periodica per una community di quasi 70.000 follower. Nata a Trento, oggi vive a Milano.

Lara Farotti

Cresciuta tra alambicchi ed essenze esotiche, porta avanti la tradizione di famiglia come General Manager di Farotti e Ateneo dell’Olfatto. Insieme alla sorella Letizia, si dedica a diffondere la cultura olfattiva in Italia e nel mondo.

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I profumi delle dive: Lady Diana e le sue fragranze indimenticabili

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Lady Diana Spencer è stata molto più che una principessa: è stata un’icona di stile, sensibilità e altruismo, capace di lasciare un segno indelebile nei cuori delle persone di tutto il mondo. Il suo stile, così raffinato e carismatico, andava oltre l’apparenza, rispecchiando la sua personalità e il suo stato d’animo.

Tra gli elementi meno noti del suo fascino intramontabile c’era il suo legame profondo con i profumi, un riflesso della sua anima gentile e della sua sensibilità.

Oggi esploreremo le fragranze che Lady Diana amava, scoprendo come queste raccontino frammenti della sua storia e della sua essenza.

Il legame profondo di Lady Diana con i profumi

L’olfatto, si sa, è il senso più legato alla memoria e alle emozioni. Per Lady Diana, i profumi non erano solo un tocco finale al suo look, ma piuttosto una componente essenziale della sua identità. Tra i suoi profumi preferiti, ritroviamo fragranze con note floreali, spesso dominate da fiori bianchi, un motivo ricorrente nella sua scelta di profumi, che riflettevano la sua grazia e la sua delicatezza.

Il legame tra Diana e le fragranze è stato raccontato anche dal Principe Harry nel suo memoir Spare. Durante una sessione terapeutica, Harry ha rievocato la presenza della madre attraverso il profumo di First di Van Cleef & Arpels, fragranza che Lady Diana amava e che, per lui, rappresentava un legame prezioso con i ricordi della madre. Questo dettaglio ci svela un aspetto intimo e profondo di Diana: il suo profumo non era solo un’emanazione del suo stile, ma anche una presenza che la rendeva indimenticabile.

Le Fragranze Preferite di Lady Diana

Diana alternava diversi profumi, ognuno capace di raccontare un lato diverso della sua personalità. Scopriamo insieme le quattro fragranze che ha amato di più e cosa hanno rappresentato per lei.

Diorissimo di Dior

Tra i profumi prediletti di Lady Diana c’era Diorissimo di Dior, un’autentica ode al mughetto. Creata nel 1956 da Edmond Roudnitska, questa fragranza è composta da note luminose e delicate che evocano un giardino di primavera. Le note di testa sono foglioline verdi e bergamotto, fresche e naturali, che lasciano spazio al cuore del profumo, dove il mughetto esplode in tutto il suo splendore. Il bouquet è arricchito da assoluta di gelsomino egiziano, lillà e ylang-ylang, per una sensazione di purezza e raffinatezza.

Diorissimo rifletteva la personalità di Diana, delicata ma anche radiosa, come un fiore che si apre al sole. Il mughetto, simbolo di speranza e fortuna, rappresentava perfettamente l’ottimismo e la grazia che Lady Diana portava con sé, anche nei momenti più difficili della sua vita.

24 Faubourg di Hermès

Se Diorissimo esprimeva la freschezza e la semplicità di Diana, 24 Faubourg di Hermès rappresentava il suo lato più sensuale e carismatico. Creata nel 1995 da Maurice Roucel, questa fragranza è come un caldo raggio di sole che si sprigiona da un mazzo di fiori bianchi e frutti. Le note di testa sono giocate sul giacinto, l’ylang-ylang e il bergamotto, a cui si uniscono la dolcezza della pesca e l’arancia. Nel cuore, un bouquet di fiori d’arancio, sambuco, gardenia e iris, mentre le note di fondo avvolgono con ambra, sandalo, vaniglia e patchouli, donando alla fragranza una scia calda e avvolgente.

Indossare 24 Faubourg per Diana significava abbracciare una sensualità sottile, un magnetismo naturale che non aveva bisogno di sforzi. Questo profumo era il suo segreto per sentirsi sicura e irresistibile, un tocco di mistero che arricchiva la sua presenza.

Bluebell di Penhaligon’s

Bluebell di Penhaligon’s era probabilmente la fragranza che meglio rappresentava la vitalità e la spontaneità di Diana. Creata nel 1978, è una fragranza verde-floreale, fresca e leggermente speziata. Le note di testa aprono con un accordo agrumato, mentre nel cuore si mescolano giacinto, mughetto, gelsomino, ciclamino e rosa. Infine, un fondo delicato di chiodi di garofano e cannella chiude la composizione, aggiungendo una sfumatura calda e intrigante.

Bluebell trasporta chi lo indossa in un bosco inglese, con le sue foglie e campanule che ondeggiano al vento. Per Lady Diana, questo profumo rappresentava un legame con la natura e con la sua parte più spensierata, simboleggiando la libertà e la freschezza dei suoi giorni lontano dai riflettori.

Arpège di Lanvin

Infine, Arpège di Lanvin era forse la fragranza più sofisticata e audace tra quelle amate da Lady Diana. Questa fragranza, creata nel 1927, appartiene alla famiglia olfattiva dei floreali aldeidici e racchiude un bouquet di fiori bianchi con una struttura audace e affascinante. Le note di testa presentano aldeidi, caprifoglio e pesca, seguite da un cuore di camelia, iris, e coriandolo. Le note di fondo includono ambra, sandalo e patchouli, che donano alla fragranza una scia calda e persistente.

Arpège rappresentava il lato più enigmatico e forte di Diana, una donna con una presenza indimenticabile e una forza interiore. Questo profumo, con il suo carattere intenso, era il simbolo della Diana più sicura e sofisticata, un omaggio alla sua eleganza innata.

Il Potere dei Profumi nei Momenti Iconici della Vita di Lady Diana

Lady Diana non ha scelto i suoi profumi solo per la vita di tutti i giorni, ma anche per momenti chiave della sua vita. Tra i profumi indossati nelle sue occasioni più importanti troviamo Quelques Fleurs di Houbigant, fragranza che Diana ha scelto per il giorno del suo matrimonio con il Principe Carlo nel 1981. Un bouquet multi-floreale, primo nel suo genere, con un cuore elegante e romantico, perfetto per una futura principessa. Il profumo, con note di tuberosa, gelsomino e fiori d’arancio, ha donato alla giovane sposa un’aria eterea e sofisticata, pronta per entrare in una nuova vita.

Un altro momento iconico è rappresentato dalla serata del celebre Revenge Dress, indossato nel 1994 per un party di Vanity Fair, poco dopo l’annuncio della separazione da Carlo. Diana scelse un tubino nero aderente, svelando forza e sensualità in un momento di grande vulnerabilità. Anche se non sappiamo con certezza quale fosse il profumo che indossava, è probabile che abbia scelto una delle sue fragranze predilette. Qualunque fosse il profumo, rappresentava il suo spirito combattivo, la volontà di rinascere, anche nei momenti più bui.

Un’Eredità Olfattiva: Tra Memoria e Ispirazione

Diana non è solo un’icona del passato: la sua bellezza e la sua eleganza continuano a ispirare generazioni. Curiosamente, il suo amore per le fragranze ha trovato un’eco nella nuova generazione reale, in particolare in Meghan Markle, moglie del Principe Harry, che ha dichiarato di amare Wild Bluebell di Jo Malone London, un profumo verde e floreale che evoca il mondo naturale tanto amato da Diana. Questa coincidenza ci ricorda come i profumi siano ponti tra generazioni, fili invisibili che legano le persone e i ricordi.

Lady Diana era una donna complessa, affascinante e carismatica, e il suo legame con i profumi rifletteva ogni sfumatura della sua personalità.

Ognuna delle sue fragranze racconta una storia, un momento, un’emozione. Attraverso i profumi, la sua memoria rimane viva, come un bouquet eterno di fiori bianchi che profuma l’anima di chi la ricorda.

La sua eredità olfattiva è un tributo alla sua bellezza interiore, al suo coraggio e alla sua grazia senza tempo.


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Odore di neve

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Oggi siamo felici di ospitare nel nostro blog un articolo scritto da Eva Munter, la mente brillante dietro la pagina Chimica in pillole!

Abbiamo voluto coinvolgerla perché crediamo che parlare di olfatto significhi anche esplorare il mondo con occhi (e nasi) diversi, e chi meglio di lei per accompagnarci in questa scoperta?

Se ancora non la seguite, rimediate subito: il suo progetto è una vera miniera di curiosità e divulgazione scientifica accessibile a tutti.

Grazie di cuore, Eva, per aver condiviso con noi il tuo sapere e la tua passione. Buona lettura!


Il telefilm Una mamma per amica ha reso celebre una frase di Lorelai Gilmore: “I smell snow”—sento odore di neve. Ma è davvero possibile che la neve abbia un odore? Considerando che la neve non è altro che acqua congelata, e che l’acqua, come sappiamo, è inodore, la domanda è legittima. Eppure, l’odore che percepiamo nell’aria quando sta per nevicare è qualcosa di inconfondibile, tanto che chi è cresciuto in un clima freddo lo associa ai ricordi più vividi dell’inverno. Ma cosa stiamo effettivamente “annusando” quando percepiamo la neve? La risposta ha più a che fare con il clima che con specifiche molecole odorose.

Il nervo trigemino

A influire su questa esperienza non è solo l’olfatto, ma anche il nervo trigemino, una struttura che non percepisce odori in senso stretto, ma che viene attivata da sensazioni fisiche come il freddo, il pizzicore o la freschezza. Infatti, è responsabile della “freschezza” che sentiamo quando utilizziamo un dentifricio alla menta o del calore che sentiamo quando mangiamo del peperoncino. Il trigemino è particolarmente sensibile ai cambiamenti atmosferici, come il freddo pungente e l’umidità che anticipano una nevicata. Quando l’aria si raffredda e diventa più umida, il nervo trigemino si attiva, inviando segnali al cervello che completano la percezione multisensoriale dell’odore di neve: non si tratta quindi di un odore, ma di una sensazione che possiamo ricondurre ad esso.

L’effetto del freddo sugli odori

Una delle prime cose da considerare è che il freddo rallenta le molecole. Quando le temperature si avvicinano allo zero—tipico poco prima che inizi a nevicare—l’attività molecolare nell’aria diminuisce. Questo significa che molti odori diventano meno intensi rispetto a quando il clima è più mite. In un certo senso, sentire “odore di neve” equivale a percepire un ambiente con meno odori del solito. Non a caso i descrittori comunemente utilizzati sono “pulito”, “fresco” o “freddo”.

Tuttavia, non basta il freddo per evocare questa particolare sensazione. In pieno inverno, per esempio, ci sono molte giornate gelide in cui non si percepisce l’odore della neve. Qual è quindi la variabile chiave? La risposta è l’umidità.

L’umidità e il naso più sensibile

Quando l’aria si prepara a una nevicata, è più umida del solito. Questo surplus di umidità è essenziale per formare i fiocchi di neve. Quando l’atmosfera raggiunge il livello massimo di umidità che può trattenere, rilascia l’eccesso sotto forma di pioggia, nevischio o, come in questo caso, neve, che cade sulla terra. Ma l’umidità non si limita a influire sul tempo: modifica anche il nostro sistema olfattivo, rendendolo più reattivo. Molte persone notano, infatti, che il naso sembra più caldo e umido proprio prima di una nevicata, una sensazione che inconsciamente associamo all’arrivo della neve.

La neve come “cattura-odori”

Abbiamo detto che l’acqua è inodore, ma chiunque abbia pulito il freezer sa che il ghiaccio può intrappolare gli odori degli alimenti conservati al suo interno. Lo stesso principio vale per la neve: cadendo, intrappola le molecole odorose presenti nell’aria. È per questo che la neve può assumere odori diversi a seconda del luogo in cui si forma e cade.

Ad esempio, nelle foreste innevate, i fiocchi intrappolano i terpeni, molecole aromatiche caratteristiche delle conifere come pini e abeti, che conferiscono un odore fresco e resinoso. Nei campi aperti, invece, la neve raccoglie odori più terrosi, legati al suolo e alla vegetazione. Nelle città, al contrario, la neve può avere un odore meno piacevole, poiché ingloba molecole legate a smog, particolato e altre sostanze inquinanti presenti nell’aria.

Un’esperienza multisensoriale

In definitiva, ciò che chiamiamo “odore di neve” è una combinazione di fattori: meno molecole che arrivano al nostro naso grazie al freddo, il nervo trigemino stimolato, un aumento dell’umidità che rende il nostro olfatto più sensibile e la capacità della neve di catturare gli odori dell’ambiente circostante. Ogni nevicata racconta una storia diversa, legata al luogo e al momento in cui avviene. Forse è proprio questa combinazione unica a rendere l’odore della neve così evocativo, tanto da farci esclamare “I smell snow”.


Eva Munter, chimica in pillole, esperto profumi

Eva Munter

Laureata in chimica organica a Bologna, oggi gestisce il canale YouTube e la pagina Instagram @chimica_in_pillole dove raccoglie le storie degli elementi della tavola periodica per una community di quasi 70.000 follower. Nata a Trento, oggi vive a Milano.


Se anche tu sogni di esprimere la tua unicità attraverso il profumo, lasciati guidare dagli esperti. Fortunatamente, con i corsi di Ateneo dell’Olfatto, troverai tutta l’assistenza di cui hai bisogno! Esplora la nostra selezione di corsi, kit e consulenze per immergerti in un mondo ricco di fragranze. 


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Come conservare un profumo: consigli pratici e curiosità scientifiche

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Che si tratti di una fragranza esclusiva o del profumo che ti accompagna ogni giorno, conservarlo correttamente è fondamentale per preservarne il fascino nel tempo. La chimica che si cela dietro una bottiglia di profumo è tanto affascinante quanto delicata: fattori come luce, calore e ossigeno possono comprometterne la qualità. In questa guida, ti spieghiamo come prenderti cura delle tue fragranze, con consigli pratici e un tocco di scienza.

Perché i profumi si deteriorano?

I profumi sono miscele di alcol (solitamente etanolo di grado cosmetico), eventuale acqua distillata e una combinazione di oli essenziali e molecole sintetiche. Sebbene siano formulati con attenzione per garantire stabilità, fattori esterni come luce, calore e ossigeno possono alterarne le proprietà.

Esposizione alla luce

i raggi ultravioletti (UV) sono una delle principali cause di fotodegradazione delle molecole aromatiche presenti nei profumi. Questo fenomeno può provocare il viraggio del colore di alcuni ingredienti, con conseguente alterazione dell’aspetto del prodotto. Per limitare questo effetto, nelle formule dei profumi vengono spesso inclusi filtri solari, che aiutano a ridurre il rischio di variazioni cromatiche, pur senza eliminarlo completamente.

Va tenuto presente che l’esposizione alla luce non deve essere necessariamente diretta per causare danni: i raggi solari possono agire anche attraverso superfici trasparenti, come le vetrine dei negozi, o per rifrazione su materiali circostanti, come mensole, specchi o pareti metalliche. Sebbene le case essenziere sottopongano le fragranze a rigorosi test di stabilità, è praticamente impossibile simulare tutte le possibili condizioni di stoccaggio, rendendo alcune reazioni imprevedibili.

È importante chiarire che un cambiamento di colore non implica necessariamente una degradazione olfattiva della fragranza. Il profumo può infatti mantenere inalterate le sue qualità aromatiche, anche in presenza di viraggi cromatici. Tuttavia, una corretta conservazione non solo ne preserva il profilo olfattivo, ma contribuisce anche a mantenerne integro l’aspetto estetico nel tempo.

Calore

Il calore, essendo una forma di energia, accelera significativamente la velocità delle reazioni chimiche. Quando un profumo è esposto a temperature elevate, la sua stabilità può essere compromessa, riducendo sensibilmente la durata del prodotto nel tempo. Questo effetto è particolarmente critico per le molecole volatili, come aldeidi ed esteri, che sono comuni nelle formulazioni delle fragranze. L’esposizione prolungata al calore favorisce l’alterazione delle proprietà aromatiche e la variazione cromatica del prodotto, fenomeni che si manifestano con maggiore rapidità rispetto a condizioni di conservazione ottimali.

Ossigeno

Molti ingredienti aromatici tendono a deteriorarsi a contatto con l’aria, principalmente a causa di reazioni chimiche chiamate “ossidazione”. Questo fenomeno è particolarmente comune nei composti ricchi di terpeni, come quelli degli agrumi e delle conifere, ma può interessare anche altre molecole, come la vanillina, spesso presente nei profumi. Quest’ultima è nota per il suo tipico viraggio cromatico verso tonalità più scure, che spaziano dal giallo intenso al bruno o al rossiccio.

I prodotti più suscettibili all’ossidazione sono quelli a diretto contatto con l’aria, come i deodoranti per ambienti a bastoncini. Essendo continuamente esposti sia all’ossigeno che, spesso, alla luce, è normale che questi articoli subiscano variazioni cromatiche nel tempo.

L’aggiunta di antiossidanti nelle formulazioni aiuta a prevenire il deterioramento delle molecole aromatiche e a rallentare l’insorgere di alterazioni olfattive, migliorando così la durata e la stabilità del prodotto.

Le regole fondamentali per conservare un profumo

Per preservare al meglio il tuo profumo, è essenziale proteggerlo dai suoi tre principali nemici: calore, luce e umidità. Conserva la fragranza in un luogo fresco, asciutto e buio, come un armadio o un cassetto, per mantenerne la qualità nel tempo.

Evita di tenere il profumo in bagno: l’ambiente, spesso umido e soggetto a sbalzi di temperatura, può accelerare la degradazione delle molecole aromatiche, compromettendo sia l’odore che l’aspetto del prodotto. Una buona conservazione è il primo passo per far durare la tua fragranza più a lungo.

Conservazione dei profumi a casa: consigli pratici

La conservazione corretta di un profumo è fondamentale per preservarne l’intensità e la durata. Proteggere la tua fragranza preferita è semplice, basta seguire pochi e semplici consigli pratici:

  • Conserva il profumo al riparo dalla luce: Essendo la luce solare è uno dei principali nemici dei profumi, idealmente, la bottiglia dovrebbe essere riposta in un luogo buio, come un armadio o un cassetto. Anche il vetro scuro delle confezioni aiuta, ma non sempre è sufficiente. Per questo alcuni preferiscono conservare i profumi nelle loro scatole originali: una soluzione semplice ma efficace.
  • Tieni il Flacone Chiuso: L’ossigeno è un grande nemico del profumo. Lasciare la bottiglia aperta favorisce l’ossidazione della fragranza, portando alla sua degradazione. Assicurati di chiudere sempre bene il tappo subito dopo ogni utilizzo.
  • Mantieni una temperatura costante: La temperatura ideale per conservare un profumo è tra i 15°C e i 20°C. Evita luoghi caldi come il bagno, dove l’umidità e le variazioni di temperatura possono danneggiare le fragranze.

Conservazione dei profumi per ambienti

Anche i profumi per ambienti richiedono particolari accorgimenti per una corretta conservazione. È essenziale tenerli lontano da fonti di calore, come finestre soleggiate o radiatori, per evitare la degradazione delle molecole aromatiche.

Questi prodotti sono generalmente più delicati rispetto ai profumi per persona, poiché rimangono costantemente esposti all’ossigeno. È quindi del tutto normale osservare un viraggio di colore nel tempo.. Verso la fine del loro ciclo di vita, il liquido può inoltre diventare più denso, scuro e talvolta torbido: con l’evaporazione dell’alcol e degli ingredienti più volatili, possono depositarsi sul fondo componenti meno volatili e insolubili, una caratteristica legata alla loro natura e funzionalità.

Sebbene questi fenomeni siano inevitabili per i prodotti costantemente esposti all’aria, conservarli lontano da fonti di calore, luce diretta e sbalzi termici aiuterà a rallentarne il manifestarsi, preservandone al meglio le qualità per tutta la durata del loro utilizzo.

Il ruolo dei materiali del flacone

La scelta dei materiali del flacone è cruciale:

  • Vetro scuro o satinato: protegge dalla luce.
  • Flaconi airless: riducono l’esposizione all’ossigeno.
  • Pompe di qualità: garantiscono un’erogazione senza perdita di liquido.

Conservazione dei profumi in negozio

La corretta conservazione dei profumi in negozio è essenziale per garantire che il prodotto mantenga le sue caratteristiche olfattive e visive fino all’acquisto. È importante esporre le fragranze al riparo dalla luce diretta del sole, preferendo scaffali lontani da vetrine soleggiate o punti in cui i raggi solari possono riflettersi. Le temperature devono essere controllate, evitando zone vicine a fonti di calore, come faretti o riscaldamenti. Inoltre, è consigliabile ruotare frequentemente i prodotti in esposizione, limitando il tempo in cui rimangono esposti all’aria o alla luce artificiale intensa. L’uso delle confezioni originali per le esposizioni in vetrina può offrire un ulteriore livello di protezione, mantenendo intatti colore, profumo e qualità del prodotto.

In negozio, i profumi vengono spesso provati dai clienti attraverso i tester, il cui uso frequente li espone maggiormente a luce, aria e sbalzi termici. Questo può portare a variazioni nell’aspetto o nella fragranza in tempi relativamente brevi, ma è importante sottolineare che ciò non è indice di scarsa qualità del prodotto, bensì il risultato di una conservazione inevitabilmente meno ottimale a causa dell’utilizzo costante.

Per preservare al meglio i tester, consigliamo di richiudere sempre il flacone con il tappo, quando disponibile, e di riporlo in un luogo asciutto, lontano da luce diretta e fonti di calore, quando non è in uso. Questi accorgimenti aiutano a mantenere la fragranza il più integra possibile anche nelle condizioni di esposizione tipiche del punto vendita.

Conservazione in frigorifero: sì o no?

Conservare i profumi in frigorifero può rallentare processi chimici come l’ossidazione, ma presenta rischi. L’umidità e gli sbalzi termici possono danneggiare la bottiglia, mentre gli odori circostanti potrebbero alterare la fragranza. Secondo il Journal of Cosmetic Science, il frigorifero è utile solo in condizioni controllate e per brevi periodi, mentre Perfumer & Flavorist raccomanda temperature tra 15°C e 20°C per una conservazione ottimale. Il frigorifero, quindi, è una soluzione temporanea e non ideale per l’uso quotidiano.

Come capire se un profumo è deteriorato

Un aspetto fondamentale nella conservazione dei profumi è saper riconoscere quando una fragranza si è alterata. Segnali come una consistenza più oleosa o un odore metallico, acido o diverso dall’originale possono indicare che il profumo ha subito una degradazione. È importante sottolineare che il cambiamento di colore non è necessariamente un indice di deterioramento: molti profumi, soprattutto quelli a base di ingredienti naturali, possono scurirsi nel tempo senza perdere la loro qualità olfattiva. La regola principale rimane osservare e annusare: se l’odore risulta sgradevole o molto diverso da quello iniziale, è preferibile non utilizzarlo.

Consigli per chi viaggia

Se porti un profumo in viaggio, è importante adottare alcune precauzioni per proteggerlo. Utilizza formati da viaggio o decanter ermetici per ridurre il rischio di rotture e limitare l’esposizione all’aria. Conserva la fragranza nel bagaglio a mano, dove le temperature sono più stabili rispetto alla stiva. Per proteggere il flacone da urti, avvolgilo in un panno morbido o riponilo nella sua confezione originale. Evita di lasciare il profumo esposto al sole o al calore, ad esempio in un’auto parcheggiata, per prevenire alterazioni causate da temperature elevate. Questi accorgimenti ti aiuteranno a mantenere la fragranza intatta durante il viaggio.


I profumi sono autentici gioielli olfattivi, ed è fondamentale trattarli con cura e rispetto per preservarne al meglio le caratteristiche. Cambiamenti di colore o persino di odore non indicano necessariamente una scarsa qualità del prodotto, ma sono spesso il risultato di una conservazione non ottimale. Come abbiamo visto, le fragranze sono composte da molecole aromatiche sensibili che possono reagire a luce, calore e aria, subendo trasformazioni chimiche e fisiche nel tempo.

Solo una corretta conservazione permette di mantenere intatte e vive le qualità olfattive ed estetiche di un profumo, preservando la magia del momento in cui lo abbiamo scelto.


Se hai dubbi o curiosità, non esitare a contattarci. Noi dell’Ateneo dell’Olfatto siamo sempre pronti a rispondere alle tue domande e a condividere la nostra passione per il mondo della profumeria.

Fonti e approfondimenti

  1. Scientific American: “How Light and Heat Impact Fragrance Molecules”
  2. Journal of Cosmetic Science: “Stability of Fragrance Compounds in Different Storage Conditions”
  3. Perfumer & Flavorist Magazine: articoli sul ruolo degli antiossidanti nei profumi.

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Il Sesso dei Profumi: Uomo o Donna? 

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Uomini e donne hanno sempre visto le loro fragranze distinte in due mondi separati, oggi le barriere olfattive stanno svanendo in nuova libertà espressiva.

A partire dall’Ottocento, per poi intensificare il fenomeno negli anni Sessanta, l’alta profumeria ha sempre saputo sfruttare il sesso come poche altre industrie. Dall’associazione rigida di certe essenze esclusivamente a uomini o a donne, a campagne pubblicitarie che accentuavano dicotomie come l’uomo virile e dominante o la donna delicata e sensuale, fino alla netta distinzione dei reparti dedicati nelle profumerie, il settore ha costruito una narrazione che ha influenzato profondamente le percezioni e le scelte dei consumatori

Oggi, “Pour elle/pour homme” sono diciture che vediamo sempre più di rado. Negli ultimi anni si è assistito a un cambiamento significativo, nel quale settori come la moda e la cosmetica si sono allontanati da un’interpretazione rigidamente binaria. Allo stesso modo, anche le fragranze non sono più confinate nelle tradizionali classificazioni “per uomini” o “per donne”. Questo cambiamento riflette una nuova realtà: al marketing delle aziende oggi interessa meno l’etichetta di genere e più l’esperienza olfattiva personale

Un mondo in evoluzione 

La cultura, più di ogni altro fattore, ha avuto un impatto profondo sull’industria delle fragranze, soprattutto negli ultimi anni. Tradizionalmente, i profumi venivano progettati per uomini o donne e venivano promossi attraverso campagne multimilionarie che rafforzavano la distinzione. 

Le nuove generazioni, con interpretazioni più fluide di ciò che costituisce il genere, l’orientamento sessuale e le relazioni romantiche, stanno guidando la conversazione. Concetti come “gender neutral” e “genderless” sono diventati mainstream, diventando elementi fondamentali nella moda, nel makeup e nella profumeria, influenzando le scelte dell’industria

Questo cambiamento ha portato a un aumento delle fragranze unisex e senza genere, una direzione che hanno preso in primis le medie e piccole realtà. Molti marchi di nicchia e artigianali, come Byredo o Escentric Molecules, che hanno guadagnato popolarità negli ultimi anni, non hanno mai assegnato un genere alle loro fragranze, puntando su una libertà creativa che le grandi maison faticano ad adottare completamente. 

Per i grandi marchi globali, il genere e il romanticismo rimangono ancora elementi essenziali per il successo commerciale. Sebbene le campagne pubblicitarie di Dior non siano esplicitamente sessualizzanti, il marchio propone ideali femminili distinti attraverso le campagne eleganti di Miss Dior, che hanno visto protagonista Natalie Portman dal 2011, così come quelle dorate di J’Adore Dior, in cui Charlize Theron incarna una dea greca. 

Un marketing sempre più fluido 

Fino a pochi anni fa, le campagne pubblicitarie dei profumi erano dominate da coppie eterosessuali che incarnavano una bellezza idilliaca. Le campagne più celebri vedevano protagonisti attori, attrici, modelli e modelle di fama mondiale, spesso ritratti in coppie impegnate in un gioco di seduzione, oppure come individui single alla ricerca di un partner. In questi contesti, il desiderio sessuale era quasi sempre il tema dominante, e il profumo veniva presentato come uno strumento essenziale per accendere a questa attrazione

Oggi, molti marchi adottano un approccio diverso nella promozione delle loro fragranze. Ad esempio, una fragranza di Gucci lanciata con una significativa campagna promozionale nel 2018, pur essendo rivolta esplicitamente a un pubblico femminile giovane, si concentrava sull’idea della prima adolescenza, delle amicizie di quell’età e dei tentativi di comprensione di sé stessi. In questa narrazione, l’attenzione era tutta sulla persona, e l’assenza di riferimenti al rapporto con l’altro sesso era evidente. 

La desessualizzazione dei profumi sta venendo gradualmente abbracciata dall’intera industria. Stiamo assistendo a una crescente tendenza a concentrare la comunicazione sull’identità personale delle fragranze, piuttosto che sulla promessa di rendere irresistibili agli occhi di un potenziale partner. I profumi stanno evolvendo oltre la semplice formula di seduzione, racchiudendo una personalità forte e unica, capace di evocare emozioni in chi le indossa. 

Pur constatando che nella stragrande maggioranza della profumeria mainstream i prodotti sono ancora nettamente distinti in “per uomo/per donna”, le caratteristiche che promettono di donare a entrambi i generi sono sempre meno legate alle tradizionali proprietà di genere, permettendo alle fragranze di trascendere i confini binari e di rappresentare un’espressione autentica e individuale. In questo contesto, ogni profumo diventa un modo per raccontare sé stessi, che non cerca di piacere a qualcun altro, ma di rispecchiare l’essenza più intima e personale di chi lo indossa.


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Il Profumo di Cleopatra: Un’Invisibile Scia di Seduzione 

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«Di porpora le vele, così profumate che le brezze ne languivano d’amore 

Antonio e Cleopatra (Shakespear, 1623) 

Nell’antica arte della profumeria, poche figure sono tanto affascinanti quanto Cleopatra, l’ultima regina d’Egitto.  

La leggenda narra che le vele della sua imbarcazione venissero impregnate di fragranze inebrianti prima di solcare le acque del Nilo. Questi aromi seducenti, spargendosi nell’aria, precedevano l’arrivo della regina, avvolgendo la riva in una nube di profumo.  

Cleopatra aveva compreso il potere invisibile del profumo, capace di evocare desiderio e anticipare la sua presenza. Si racconta che questa cortina di aromi fosse parte del suo incontro con Marco Antonio, preparando l’animo dell’amato al loro incontro prima ancora che gli occhi potessero contemplarla. 

Addentriamoci nei meandri dell’Antico Egitto, svelando i misteri del profumo della regina Cleopatra, la cui leggenda continua a incantare ancora oggi. 

La Cultura Olfattiva in Egitto 

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Creazione di un profumo nell’antico Egitto. (Credit: Jastrow / Wikipedia) 

Nell’antico Egitto, la profumeria era un’arte sacra, custodita e praticata dai sacerdoti. Utilizzavano resine aromatiche per addolcire l’odore delle offerte sacrificali, credendo che il fumo profumato potesse mettere in contatto l’uomo con gli dèi

Profumi e incensi erano centrali nelle cerimonie religiose, nei rituali di imbalsamazione e nelle pratiche di guarigione. Gli Egizi preparavano le loro fragranze immergendo piante, fiori e legni preziosi nell’olio. 

Oltre al loro ruolo cerimoniale, i profumi erano parte integrante della vita quotidiana egizia. Come oggi si usano le candele profumate, gli Egizi bruciavano l’incenso per mantenere l’armonia tra corpo e spirito. Fragranze come incenso, mirra, gelsomino, ginepro, cardamomo e cannella erano ampiamente utilizzate e molti di questi ingredienti sono ancora presenti nelle fragranze contemporanee.

Ogni notte, il Kyphi, un complesso incenso, veniva bruciato per placare gli dèi durante il loro viaggio nel mondo sotterraneo, garantendo il sicuro ritorno del dio sole Ra al mattino seguente. 

Per conoscere meglio la cultura olfattiva nell’antichità, abbiamo scritto un articolo sulla storia della profumeria di approfondimento. 

Cleopatra, La Regina dei Profumi 

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Collina di Tell El-Ruba – Mendes. (Credit: Roland Unger / Wikipedia) 

Alcuni ricercatori sostengono di essere riusciti a ricreare l’antica fragranza egizia di Cleopatra. Il profumo, chiamato Mendesian, viene descritto come dolce, speziato e leggermente muschiato

Il profumo di Cleopatra sembra che provenisse da Mendes, un prospero insediamento nel delta del Nilo, fulcro del commercio di spezie provenienti da India, Africa e Arabia. Plinio il Vecchio, filosofo romano, e Dioscoride, medico greco, raccontano del profumo di Mendes come il migliore della sua epoca. 

Poiché non esistono fonti egiziane complete che contengano la ricetta del Mendesian, gli archeologi si sono rivolti a testimonianze greco-romane per colmare le lacune. Queste concordano su quattro ingredienti principali: oltre alla resina e alla mirra, il profumo conteneva anche cassia, una varietà meno potente di cannella, e olio di balanite, ottenuto dai semi del Balanites aegyptiaca, un albero originario dell’Africa settentrionale e del Medio Oriente. 

Nel 2018, l’egittologa Dora Goldsmith e lo storico della scienza Sean Coughlin hanno riprodotto una possibile versione del profumo di Mendes testando varie combinazioni di ingredienti, descrivendone il risultato come “elegante” e “lussuoso.” Descritto anche dalla curatrice di arte olfattiva Caro Verbeek come “voluminoso, di colore rosso, forte, caldo, ricco, dolce e leggermente amaro,” questo aroma speziato e lievemente muschiato riecheggiava proprio le descrizioni di Plinio.

Tuttavia, l’esperimento di Goldsmith e Coughlin, pur interessante, non è conclusivo. Non è possibile sapere quale, se ce ne sia uno, delle ricette greco-romane corrisponda all’originale egiziana. 


Il profumo, un’arte antica e in continua evoluzione, ha accompagnato l’umanità fin dai suoi albori, intrecciandosi con la storia, la cultura e l’evoluzione della società. Dai rituali sacri alle corti regali, dalle spezie esotiche alle delicate essenze floreali, il profumo ha sempre avuto un ruolo fondamentale nella vita dell’uomo.  

Oggi, questa preziosa eredità continua a vivere nelle creazioni dei maestri profumieri, che ci invitano a scoprire e apprezzare il potere evocativo e seducente delle fragranze. 

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