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Professione naso: Chi si nasconde dietro ai profumi che indossiamo?

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Un articolo di Marco Martello

Parlare della figura del naso richiede uno sguardo attento, capace di cogliere l’essenza invisibile delle cose.
Per questo abbiamo chiesto a Marco Martello, Managing Editor & Beauty Director della rivista “The Greatest”, di raccontarcela.

Il risultato è un articolo raffinato, ricco di spunti e sfumature, che ci accompagna dietro le quinte di una professione tanto affascinante quanto poco conosciuta.

Buona lettura!


Chi è il profumiere? Di cosa si occupa? E cosa ha fatto sì che questa figura professionale ottenesse la popolarità di cui gode oggi? Vediamo più da vicino in cosa consiste questa professione e scopriamo qualche curiosità sui protagonisti dell’industria del profumo, ovvero i Maître Parfumeur.

Spesso idealizzata, la figura del naso è molto più complessa di quanto si possa credere. Dietro all’immagine stereotipata del creativo naïf, si nasconde infatti un tecnico, il cui lavoro consiste nel trovare il giusto mix di logica e intuizione, preservando l’armonia in quella che può essere descritta come l’eterna battaglia tra forze contrapposte. Proprio come un musicista, il profumiere si dedica infatti a combinare, scombinare e ricombinare tra loro le note più disparate, per dare vita a una composizione in grado di risuonare all’unisono con la nostra anima e, nel fare ciò, ricorre tanto alla sua maestria nel maneggiare le migliaia di materie prime a sua disposizione quanto al suo bagaglio culturale ed emotivo. Da ciò ne consegue che un tecnico senza doti creative avrà non poche difficoltà nel tentare di coinvolgere il consumatore sul piano emotivo, mentre un creativo senza competenze tecnico-scientifiche faticherà nel tradurre in termini olfattivi il frutto del suo lavoro di ricerca e immaginazione.

Le curiosità, così come i falsi miti, sui Maître Parfumeur non mancano, ma l’aspetto più interessante riguarda forse il rapporto che i nasi intrattengono con le fragranze. Nonostante i Maître Parfumeur dedichino la propria vita al profumo, per non alterare la percezione delle materie prime che impiegano nel processo di creazione dei loro jus si vedono costretti a non portare alcun profumo. L’unica eccezione a questa regola è rappresentata dalla composizione a cui stanno lavorando, che indossano per valutare l’evoluzione su pelle. Non si tratta però di un profumo che scelgono come propria firma olfattiva e portano ad infinitum, ma di una fragranza che li accompagna per alcuni mesi, fino a quando non arriva il momento di separarsene in maniera definitiva e farne dono al mondo.

Se quella del naso è una professione con una lunga tradizione alle spalle, l’interesse nei confronti di questa figura professionale è ben più recente. La fama di cui godono i Maître Parfumeur al giorno d’oggi è, se non altro in parte, dovuta a Frédéric Malle, nipote del creatore della Parfums Christian Dior e fondatore del marchio di profumeria artistica Éditions de Parfums Frédéric Malle. Nel porre le basi del suo progetto, questo editore di profumi si è, infatti, dato un obiettivo tanto importante quanto ambizioso: porre i Maître Parfumeur al centro della conversazione sul profumo, riconoscendo i loro meriti e scrivendo il loro nome sui flaconi delle fragranze del marchio. Alla luce di questa popolarità, alcuni dei più grandi profumieri internazionali si sono trasformati in imprenditori e hanno, per l’appunto, creato una propria collezione di fragranze, anche se non sempre con esiti favorevoli. A tal proposito, è doveroso precisare che, se non altro quando lavorano su commissione, i nasi si attengono sempre a un brief, muovendosi all’interno di un perimetro delimitato. Nel trovarsi difronte a infinite possibilità creative, devono quindi fare i conti con la paura di cui spesso profuma la libertà, proprio come un artista, un giornalista o uno scrittore. Chissà se l’Intelligenza Artificiale, già impiegata da alcuni dei grandi leader del settore, si rivelerà essere un valido alleato per superare la cosiddetta sindrome della pagina bianca.


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Marco Martello

Laureato in “Comunicazione e Psicologia” all’Università degli Studi di Milano-Bicocca e specializzato in “Fashion Direction: Brand & Communication Management” presso il Milano Fashion Institute, Marco Martello è un collezionista di fragranze, nonché un esperto di comunicazione scritta con un’esperienza pluriennale nel mondo dell’editoria indipendente. Nel corso degli anni, oltre a collaborare con testate nazionali e straniere, ha svolto l’attività di copywriter e correttore di bozze sia nel settore del luxury che in quello del fashion, ampliando le sue competenze tecniche e consolidando la sua conoscenza delle dinamiche che sottendono i processi di comunicazione contemporanei. Oggi Marco ricopre il ruolo di Managing Editor & Beauty Director della rivista indipendente “The Greatest”, e si dedica all’insegnamento nell’ambito della comunicazione di moda e beauty in alcuni tra i più prestigiosi istituti italiani

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Ftalati nei cosmetici: comprendere il loro utilizzo e la sicurezza

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Un articolo di Eva Munter e Lara Farotti

Nel settore cosmetico, alcuni ingredienti vengono periodicamente messi sotto esame, generando dibattiti e preoccupazioni. Tra questi, gli ftalati sono stati oggetto di attenzione, in particolare per il loro utilizzo nei profumi e nei cosmetici. Ma cosa sono realmente gli ftalati, perché vengono impiegati e quali sono le evidenze scientifiche sulla loro sicurezza?

Cosa sono gli ftalati e quali sono i loro utilizzi?

Dal punto di vista chimico, gli ftalati sono esteri dell’acido ftalico. Non sono esattamente un’invenzione recente: esistono da quasi un secolo e hanno visto un’impennata nella produzione dagli anni ’50, quando sono diventati un elemento chiave nella lavorazione del PVC.

Il loro impiego principale è come plastificanti, cioè sostanze che rendono le plastiche più morbide, flessibili e facili da modellare. Ma il loro utilizzo non si ferma qui: si trovano anche in adesivi, sigillanti, vernici, materiali in gomma, fili e cavi elettrici, pavimentazioni, imballaggi, dispositivi medici, smalti e persino attrezzature sportive.

A causa della loro ampia diffusione, la possibilità di esposizione agli ftalati è una tematica che ha attirato l’attenzione della comunità scientifica e delle autorità regolatorie, con l’obiettivo di valutarne l’impatto sulla salute umana e sull’ambiente.

Gli ftalati e la sicurezza: esistono rischi per la salute?

Siamo esposti agli ftalati ogni giorno, attraverso l’alimentazione, il contatto con la pelle e persino l’aria che respiriamo. Poiché non sono legati chimicamente ai materiali in cui vengono aggiunti, possono disperdersi nell’ambiente, contaminando ciò che ci circonda.

Non tutti gli ftalati, però, hanno lo stesso profilo di sicurezza. Alcuni, come il DEHP, il DBP, il DIBP e il BBP, hanno attirato l’attenzione della comunità scientifica per i loro possibili effetti sulla salute umana. Queste sostanze, infatti, sono state associate a interferenze con il sistema endocrino e a problemi di fertilità, in particolare nei maschi. Alcuni studi suggeriscono che possano influenzare lo sviluppo sessuale nei bambini maschi e aumentare il rischio di infertilità in età adulta. Per questo motivo, il loro utilizzo è stato fortemente regolamentato e, in molti casi, limitato o vietato in ambito industriale e commerciale.

Anche le donne in gravidanza e i bambini piccoli sono considerati gruppi vulnerabili all’esposizione a questi composti. Inoltre, alcuni ftalati non sono solo una minaccia per la salute umana, ma anche per l’ambiente, poiché possono accumularsi nei terreni e nelle acque, con effetti negativi sulla fauna.

Ftalati nei cosmetici: quali vengono utilizzati e con quali regolamentazioni?

Nei cosmetici commercializzati in Europa, l’unico ftalato ammesso è il Dietilftalato (DEP). Questo composto viene utilizzato in piccole quantità in alcuni prodotti cosmetici con la funzione di fissativo e per denaturare l’alcol etilico, rendendolo inadatto al consumo.

Nei profumi, in particolare, il DEP viene utilizzato prevalentemente come solvente per dissolvere altri ingredienti o per influenzare la velocità di evaporazione delle componenti volatili del profumo, contribuendo a una diffusione più uniforme della fragranza.

L’ECHA, l’Agenzia Europea per le sostanze chimiche che ha il ruolo di proteggere la salute e l’ambiente, dichiara che non è stato classificato alcun pericolo circa questa sostanza che, per altro, risulta facilmente biodegradabile (100%). Il Diethyl phthalate risulta quindi sicuro per le persone e per l’ambiente.

Ad oggi, tuttavia, risulta ancora in fase di valutazione come interferente endocrino: l’inclusione nell’elenco di queste sostanze significa che è in fase di sviluppo o è stata completata una valutazione informale dei rischi per le proprietà di interferenza endocrina. Sul sito dell’Echa è possibile consultare una tabella che, per ciascuna sostanza, indica lo Stato membro che effettua la valutazione, l’esito della valutazione e la data dell’ultimo aggiornamento della voce nell’elenco. Il DEP è stato inserito in tale elenco nel 2020 e ad oggi ancora il suo ruolo sul sistema endocrino non è stato rilevato.

Il DEP è stato ampiamente studiato e non è stato associato ad effetti negativi sulla salute umana. Il Comitato Scientifico per la Sicurezza del Consumatore (SCCS), organo indipendente della Commissione Europea, ha valutato il DEP e ne ha confermato la sicurezza d’uso nei cosmetici.

Esiste inoltre una vasta letteratura scientifica disponibile sulla sicurezza degli ftalati nei cosmetici. Citiamo la più significativa:

  • Nel 2001, i Centers for Disease Control and Prevention (CDC) hanno pubblicato un rapporto in cui non hanno rilevato un’associazione tra gli ftalati nei prodotti cosmetici e un rischio per la salute.
  • Nel 2002, il Cosmetic Ingredient Review (CIR) Expert Panel , un’organizzazione sponsorizzata dall’industria che esamina la sicurezza degli ingredienti ha scoperto che i livelli di esposizione ai ftalati nei cosmetici erano bassi rispetto ai livelli che possono causare effetti avversi negli animali.  
  • La Food and Drug Administration (FDA) statunitense ha dichiarato che, al momento, non ha prove che i ftalati usati nei cosmetici rappresentino un rischio per la sicurezza.

Perché esistono ancora dubbi sulla sicurezza degli ftalati nei cosmetici?

Le preoccupazioni derivano spesso da una generalizzazione del termine “ftalati”, senza una distinzione tra le diverse tipologie. Questo può portare a confusione e a un’equiparazione di sostanze con profili di sicurezza differenti.

È importante sottolineare che i cosmetici immessi sul mercato europeo devono rispettare normative tra le più rigorose al mondo, che prevedono valutazioni approfondite della sicurezza degli ingredienti e delle formulazioni complete.

Conclusioni

Gli ftalati sono un gruppo di sostanze ampio e variegato, alcune delle quali effettivamente problematiche. È quindi giusto che la comunità scientifica continui a monitorarne l’uso e gli effetti. Tuttavia, quando si parla di ftalati nei cosmetici, è essenziale distinguere tra quelli vietati perché dannosi e quelli autorizzati perché sicuri.

Il Dietilftalato (DEP), l’unico ftalato presente nei cosmetici europei, non è stato associato a effetti negativi sulla salute umana e il suo utilizzo è regolamentato da normative stringenti.

Per chi desidera ridurre l’esposizione agli ftalati in generale, possono essere adottate strategie mirate, come limitare l’uso di plastica monouso o fare attenzione ai materiali con cui vengono conservati e riscaldati gli alimenti. Tuttavia, per quanto riguarda i cosmetici e i profumi, le attuali evidenze scientifiche e le regolamentazioni vigenti permettono di utilizzarli con tranquillità.

Fonti:


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Eva Munter, chimica in pillole, esperto profumi

Eva Munter

Laureata in chimica organica a Bologna, oggi gestisce il canale YouTube e la pagina Instagram @chimica_in_pillole dove raccoglie le storie degli elementi della tavola periodica per una community di quasi 70.000 follower. Nata a Trento, oggi vive a Milano.

Lara Farotti

Cresciuta tra alambicchi ed essenze esotiche, porta avanti la tradizione di famiglia come General Manager di Farotti e Ateneo dell’Olfatto. Insieme alla sorella Letizia, si dedica a diffondere la cultura olfattiva in Italia e nel mondo.